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26 aprile 20018 a Rebibbia due ore di lezioni, musica e tanti sorrisi

Si è tenuta a Rebibbia presso il Teatro del Nuovo Complesso la presentazione del corso di informatica del “J.von Neumann”. Originali "lezioni" fatte dagli studenti accompagnati dall’Arpa di Irene Betti e il rock degli Shankaty.

Il carcere è una struttura complessa con compiti di responsabilità che ai più possono sfuggire, salvo poi richiamarne le responsabilità, esattamente come avviene per la scuola; un’iniziativa come questa a Rebibbia è stata possibile grazie alla Direzione, e in particolare alla disponibilità e alla professionalità degli agenti e del Comandante del NC."

La scuola come fucina di rielaborazione, per scardinare le gabbie dell’ignoranza a causa delle quali troppo spesso si perdono i punti di rifermento sociali fino alla rottura della convivenza civile.

La scuola come frontiera avanzata, anche durante la pena, per l’affermazione dei principi costituzionali. Perché esiste una vita diversa, possibile, fatta di lavoro e sacrifici, che costruisce una società di uguaglianza, giustizia, libertà. Una vita serena, senza violenza, di affetti, che permette lo sviluppo delle potenzialità dell’individuo. Scienza, arte, cultura, l’infinito processo del sapere che dà senso all’esistenza “che apre la testa ma non per opera di un chirurgo”. Questo abbiamo provato a raccontarci.

 


 

La scuola raccontata dagli studenti del reparto Alta Sicurezza
26 aprile 20018 a Rebibbia due ore di lezioni, musica e tanti sorrisi

Si è tenuta a Rebibbia presso il Teatro del Nuovo Complesso la presentazione del corso di informatica del “J.von Neumann”.
In due ore, a ritmi serrati, si sono susseguiti 16 interventi di studenti sugli argomenti che più li hanno interessati durante il corso di studi.
Da Cristoforo Colombo, all’inquinamento da plastica, al modello di von Neumann passando per Leopardi, immaginando di viaggiare nella rete delle reti, gli studenti hanno restituito non solo nozioni ma i loro ricordi di una memoria della vita “fuori” e prima del carcere: si è giovani in Calabria come a Torbellamonaca, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia; una memoria che si ricompone proprio nello studio in forme nuove e prospettive diverse. Importante è stato il contributo dei nostri diplomati, oggi impegnati con l’Università o già laureati, che hanno snocciolato le ragioni della necessità della scuola per il percorso “rieducazione” come indicato pure dalla norma e raccontato come da studenti abbiano avuto l’occasione di essere un “buon esempio per i propri figli”.
La scuola come fucina di rielaborazione, per scardinare le gabbie dell’ignoranza a causa delle quali troppo spesso si perdono i punti di rifermento sociali fino alla rottura della convivenza civile.
La scuola come frontiera avanzata, anche durante la pena, per l’affermazione dei principi costituzionali.
Perché esiste una vita diversa, possibile, fatta di lavoro e sacrifici, che costruisce una società di uguaglianza, giustizia, libertà. Una vita serena, senza violenza, di affetti, che permette lo sviluppo delle potenzialità dell’individuo. Scienza, arte, cultura, l’infinito processo del sapere che dà senso all’esistenza “che apre la testa ma non per opera di un chirurgo”. Questo abbiamo provato a raccontarci.
Questa iniziativa ha avuto due scopi, il primo quello di presentare il percorso scolastico dalle elementari all’università, ai reclusi che ancora non lo frequentano; il secondo riscoprire la nostra identità, propria della scuola in carcere.
Trent’anni di presenza, anche nei reparti speciali, hanno segnato la vita non solo dei reclusi che vi sono passati ma anche di tanti insegnanti che l’hanno resa possibile superando pregiudizi e difficoltà. Proprio le difficoltà e gli ostacoli di questi ultimi periodi, i profondi cambiamenti dati dalle “riforme” hanno messo in discussione il ruolo e la presenza stessa della scuola.
Dopo i tagli subiti solo la mobilitazione di studenti e degli insegnanti hanno permesso il recupero di una classe quinta e la dignità, senza la quale non c’è scuola.
Sono anni difficili questi, anche l’amministrazione penitenziaria è oggetto di riduzione di spesa, nei servizi sanitari ed educativi, amministrativi e anche degli agenti. Questo ha conseguenze su tutti, spesso solo la volontà di chi crede nel proprio lavoro riesce a frenare un processo disgregante delle varie componenti ed evitare che si perda il senso e gli scopi delle nostre istituzioni.
Il carcere è una struttura complessa con compiti di responsabilità che ai più possono sfuggire, salvo poi richiamarne le responsabilità, esattamente come avviene per la scuola; un’iniziativa come questa a Rebibbia è stata possibile grazie alla Direzione, e in particolare alla disponibilità e alla professionalità degli agenti e del Comandante del NC.
I nostri ringraziamenti non sono, dunque, rituali perché questa era la prima attività del genere in questo reparto e, tutti noi, abbiamo dovuto dare e ricevere quel pizzico di fiducia in più, proprio in un periodo in cui le difficoltà sono molte.
In conclusione è d’obbligo ringraziare la pazienza dei musicisti che hanno ristretto la propria opera a vantaggio della esposizione degli studenti. Ringraziamo Irene Betti che ha portato la dolcezza e la vivacità delle note della sua arpa, uno “scappellotto” ai ragazzi della band degli Shankaty per la loro musica e testi fuori dalle righe che ci hanno sorpreso e divertito.
Tutti ci siamo emozionati, anche Marcho il presentatore venuto da Centocelle, e per due ore siamo stati tutti un po' speciali.

“Professorè ci vediamo in classe domani”: obiettivo raggiunto.

Replichiamo il 22 maggio 2018 dalle ore 16 al Teatro del NC di Rebibbia  con gli studenti dei Reparti Comuni accompagnati dagli Shankaty (che ci hanno preso gusto) e  la Band “Un’Altra Roma” con un repertorio vario che si muoverà tra reinterpretazioni di brani ormai divenuti veri e propri classici della città eterna, racconti, e canzoni originali in rigoroso dialetto romanesco.

prof.ssa Barbara Battista